Reportage di Arianna Antognazza
CEYLON, LA LACRIMA D’INDIA
Reportage di Arianna Antognazza
Avevo abbandonato l’idea di scrivere il reportage del viaggio in Sri Lanka, ma a una settimana dal ritorno mi trovavo a casa di un amico a guardare un film e sua madre accese un incenso. Mi sono ritrovata con i sensi catapultata allo Sri Dalada Maligawa, il tempio custode del dente di Budda.
L’interno del tempio era uno scontro di colori, suoni e voci. I bambini sorridenti portavano come offerte fiori di loto e i loro occhi vivaci mostravano tutta la loro curiosità alle persone nel tempio e a noi “veḷināṭṭu”, stranieri. Osservando la cupola dorata di protezione al dente tiravano felici i saree colorati delle madri e i loro occhi si illuminavano. I tamburi continuavano a suonare nel tempio e la folla ordinatamente si spostava come un fiume tranquillo. All’uscita dal tempio, la sabbia sotto i piedi era ancora tiepida anche se il buio della sera aveva già raggiunto Kandy. Le candele tremolanti lasciate dai fedeli illuminavano la via d’uscita e, assecondando la corrente di persone, mi sono immersa nella città.
Un ragazzo sorridente vicino ai cancelli del tempio mi porse un fiore di loto non ancora sbocciato, dicendomi che la bellezza di quel fiore il giorno seguente sarebbe scomparsa e sarebbe stato un peccato sprecarla. La semplicità di quel popolo mi stupiva ogni giorno di più.
Il rafting nel fiume Kelani, invece, mi ha mostrato una realtà totalmente diversa da quella di Kandy: qui i colori non sono sui grandissimi cartelloni pubblicitari, ma sono ovunque nella natura. Il verde intenso della foresta tropicale veniva riflesso nell’acqua e il rosso della terra contrastava con forza con l’azzurro del cielo terso.
I paesaggi mozzafiato erano costituiti dalle morbide colline ricoperte dalle piantagioni di tè, intervallati da piccoli villaggi con case dai colori vividi e templi candidi, ovunque si guardasse si velava un paesaggio unico e fantastico. Durante la corsa in treno da Nuwara Elija a Kandy, il paesaggio fuori dal finestrino era in costante cambiamento: la flora tropicale lasciava posto ad alti hevea brasiliensis, gli alberi della gomma, sostituiti subito dopo da maestose foreste di bamboo e poi ancora abeti e nuovamente estese piantagioni. Le persone affianco alle rotaie si fermavano a salutare, sempre sorridenti, tutti i vagoni fino alla fine del treno e poi ritornavano alle loro faccende.
Il giorno dopo ho fatto il primo e vero incontro con la vita quotidiana di questo popolo fantastico: dopo la visita guidata al giardino delle spezie, mi aspettava un pranzo tipico servito su di una foglia di banana all’interno di un cestino intrecciato. Cibo delizioso e abbondante, decisamente speziato, persone allegre e disponibili che condividono tutto senza remore, vista fantastica sulla giungla tropicale. Terminato il pasto sorseggiando il mio tè intenso in una tazza fatta con un guscio di cocco, con un po’ di dispiacere, mi sono avviata alla volta di Habarana.
Sigiriya è un’emozione splendida, di quelle che almeno una volta nella vita andrebbero vissute. Dal parco che circonda la grande roccia fino alla cima, ogni gradino è una conquista, un paesaggio differente che si modifica intorno a te. La scala di ferro inserita nella roccia sembra così precaria e solida nello stesso tempo, e salendo non si può non immaginarsi come poteva essere secoli prima entrare nella bocca del grande leone di pietra che sorvegliava l’ingresso alla fortezza. Dopo 337 si raggiunge la cima ed è inutile dire che lo scenario che si ritrova davanti è spettacolare, si domina la pianura dello Sri Lanka centrale e in lontananza, separate da foreste tropicali, ci sono maestose montagne nelle tonalità del blu.
Polonnarwa è un gioco d’immaginazione, l’atmosfera sembra incantata e i resti di uno splendido tempio immerso nella foresta evocano palazzi affascinanti e fiabeschi. Ripercorrere il cammino spirituale dei monaci buddhisti è incredibile, il rumore dell’acqua che scorre e il canto degli uccelli sono il sottofondo perfetto per la meditazione e invogliano a soffermarsi a riflettere. I colori vividi della foresta non riescono a imprimersi nella memoria delle fotocamere, ma rimangono intatti negli occhi e nel cuore di chi visita il sito.
Incredibile il contatto con i maestosi elefanti, che con disappunto ho scoperto avere dei lunghi e ispidi peletti, quando invece me li immaginavo un po’ ruvidi ma glabri. I loro occhi sono estremamente espressivi ed è incredibile quanto sembrano docili e pacifici, quasi fragili nella loro potente statura.
E infine mare! E tutto ciò che lo riguarda. La spiaggia di Trincomalee è immensa, bianchissima e tanto fine da essere impalpabile, quel tipo di sabbia che si attacca ovunque, ma non puoi arrabbiarti perché ti trovi in paradiso. Il posto perfetto per bere un cocktail al tramonto e terminare questa incredibile vacanza!
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