Questo treno che corre nel tè – #SRILARCA2014
Oggi, Martedì 26 Agosto 2014, i ragazzi sono al loro sesto giorno di viaggio. Si stanno dirigendo verso gli stupendi templi di Dambulla, verso il Giardino delle Spezie a Matale e verso il grandioso Minneriya National Park per un safari nella rigogliosa natura dello Sri Lanka. Guidati dall’accompagnatore Reporter Live Roberto Raspini, dal rappresentante ARCA Mario Ruggeri, dal giornalista Filippo Boni, dal videomaker Francesco Piazzesi i Giovani ARCA vivranno un’altra piacevole (e speriamo memorabile) giornata di viaggio in Sri Lanka!
Dopo aver affrontato un impegnativo e spumeggiante rafting sul Kelani River (di cui potete vedere le immagini nel video qui sopra) ieri è stata la volta del viaggio in treno da Nuwara Eliya a Kandy, forse uno dei momenti più toccanti di questa esperienza in Sri Lanka.
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#SRILARCA2014 – Questo treno che corre nel tè
IN TRENO DA NUWARA ELIYA A KANDY – Loro giocano a carte e rimbalzano riflessi sul finestrino del vagone, come quella tipa che partì e che cantava De Gregori in Renoir. Giocano in silenzio con carte bresciane, che ha sfoderato all’improvviso Lorenzo, timido e dolcissimo diciottenne del gruppo che adora lo sport e sogna, come ripete lui, “un giorno di vincere da qualche parte la champions league”. Giocano a carte come in quel quadro di Degas, e l’impressione è quella di essere in un dipinto più che nella realtà. Giocano a carte mentre il trenino azzurro cingalese, che porta il gruppo da Nuwara Eliya a Kandy, scivola al rallentatore tra le colline del tè e paesaggi memorabili.
L’acqua scorre negli angoli delle piantagioni, nelle terrazze di questa pianta ricchissima di fascino, fa crescere alberi altissimi e dipinge scenari unici. I binari curvano, il treno rallenta più volte, arranca, poi riparte. Esistono stazioni incredibili anche lassù. Di legno e acciaio. Stazioni costruite con minuziosa attenzione e dove le ore, le partenze e gli arrivi le segna un orologio le cui lancette un uomo attento sposta con le proprie mani. Già. Le strane interpretazioni del tempo.
A bordo oltre al gruppo c’è la gente comune. Abiti coloratissimi si confondono a volti scuri e sorridenti, stanchi ma fieri di questa gente consapevole e innamorata della propria terra. Intere famiglie si succedono nello scendere e nel salire tra una stazione e l’altra, pacatamente e con una civiltà incredibile si siedono e aspettano. Mentre i bambini fanno ciao con la mano. Hanno abiti colorati di azzurro e viola, sorridono a prescindere, mentre i genitori prima di farlo osservano con attenzione il contesto. Del resto soprattutto un sorriso ha il suo valore prima di regalarlo.
I ragazzi si stupiscono della loro immane serenità e li guardano come un bimbo guarda un campo di pallone. Ammirazione e stupore si confondono nei loro sguardi, mentre il treno va. Nel verde e nell’infinito.
Una famiglia, seduta dietro di noi, sentendoci cantare improvvisamente si volta e inizia a battere le mani. Vogliono cantare anche loro, confondersi a noi, vogliono che il gruppo sia uno solo. Non più loro e noi, ma tutto tutti insieme. Da Azzurro di Celentano a O soldato innamorato, da l’Aida a le strofe dei castelli romani. Cantano e sognano insieme a noi, poi ci abbracciano, facciamo le foto e quasi non ci crediamo. Cosa accadrebbe se un gruppo di cingalesi iniziasse a cantare a squarcia gola sui nostri treni dei pendolari? Qualche viaggiatore si metterebbe a cantare? O fuggirebbe infastidito?
Nella semplicità c’è tutto. Soprattutto nella loro. E il treno corre fino all’ultima stazione, lasciandoci negli occhi la voglia che il viaggio non finisca più. Restano luci viste in corsa, stralci di felicità, rami di tè, e quelle carte, sempre in riflesso sul finestrino. Riflesso come il ricordo che resta appiccicato addosso e non se ne va via più. Una terra che è per sempre.