Sri Lanka’s tour [reportage di Davide De Angelis]
Era il 21 agosto, le onde del Tirreno si infrangevano contro le scogliere spinte dallo Scirocco, qui a Civitavecchia. Era il giorno della partenza, il giorno in cui avrei lasciato tutto alle spalle per una nuova avventura, ignaro della compagnia che avrei trovato ed apprezzato ogni giorno sempre più. Ed eccoci qui io e la mia concittadina arrivati in appena venti minuti in aeroporto, neanche se ci fossimo teletrasportati. Siamo stati accolti dal nostro capo gruppo Roberto..è toscano…oh, mi stanno simpatici i toscani! Il tempo delle presentazioni, del check in e già siamo dentro l’ aereo, che divora inesorabilmente un metro dopo l’ altro per prendere il volo. In partenza? Appena due ore prima ero a casa a pensare a quel momento, a quell’amato momento ed ora ero proprio li…non riuscivo a crederci! Siamo in volo ormai da quasi 10 ore e la notte ha portato solo tanti film sottotitolati e buona musica. Il sole sorge e gli animi seppur stanchi cercano di tener duro. Coperte sul corpo, pantofole per casa ai piedi e delle visiere per la notte. Ma niente, sui nostri volti non c’è neanche un’ accenno di sonno ma solo sorrisi sinceri! Chi si stiracchia, chi è già in piedi voglioso di uscire, ebbene si, siamo atterrati. Presi i bagagli, veniamo accolti con collane di ghirlande da due donne con vestiti di un azzurro sgargiante e dall’uomo che in questa avventura ci avrebbe fatto assaporare la bellezza della sua terra, Nissanka. Un uomo visibilmente segnato da una vita difficile ma perennemente con un sorriso a sessantaquattro denti, come per dire che non mollerà mai. Sto parlando di un tipo serio e diligente che ci farà osservare le mille sfumature di colore della sua amata isola ma che in momenti di relax, tornerà bambino facendoci scherzi, accompagnati dalle sue grasse risate coinvolgenti. Lo ricorderò cosi Nissanka. Si. Come un condottiero pronto a combattere per la propria gente e al tempo stesso come un bambino, che ti fa amare la vita con le sue sole grasse risate.
“Le sirene” di Kandy
Il rombo incessante delle macchine ricorda città troppo familiari e troppo lontane, catene di negozi riempiono il centro di capi e oggetti industriali. Un carcere eretto nel bel mezzo della città mi tiene ancorato alla realtà. Nelle torrette non si vedono sentinelle che controllino il perimetro ma appena sotto le mura umili contadini vendono quel poco raccolto della loro terra, friggitori ambulanti offrono un assaggio ai passanti e uomini si contendono i pochi interessati a giocare delle pseudo schedine del lotto. Ma ciò che mi ha ammaliato di più, quel 23 agosto, come le sirene in alcuni racconti hanno fatto con i marinai, è stata la vista dalla vetta di quella collina, immersa nel verde più profondo e rigoglioso di Kandy. Il sole rischiarava il cielo come se non volesse ancora andare a dormire, le nuvole imponenti solcavano il cielo con maestria, le colline sinuose mi trascinavano come le onde del mare ti trascinano a riva, il tutto accompagnato da un’ orchestra di rane nascoste tra la vegetazione…ed io ero lì, su quel tronco, insieme a Filippo, impotente di distogliere la mia attenzione o di pensare a qualsiasi cosa se non al benessere che mi procurava…Dio solo sa quanto ho amato quei 30 minuti!
“Malu, malu, malu..”
3 ore e mezza di un treno alimentato a gasolio per compiere appena 45 km. Ebbene si, questo è il tipico viaggio di lusso per chi può dei figli del leone, di chi può permettersi il viaggio per una vacanza nella splendida goccia dell’oceano indiano. Noi eravamo lì, nella prima classe, insieme a tanti cingalesi di ritorno da chissà quale avventura. La puzza di gasolio inebriava l’ aria, il motore chissà forse a pieno ritmo, proseguiva imperterrito la sua corsa. Due porte del treno completamente aperte permettevano di sedersi a cavalcioni sul limite del vagone. Strapiombi, vallate di piantagioni di tè, grotte e pianure con baracche. Il paesaggio si mescolava con una facilità tale che si riusciva ad apprezzare ogni istante, ogni attimo! Mezz’ora di ritardo; neanche fosse Trenitalia! Decidiamo di ammazzare il tempo e il nostro buon vecchio reporter del Valdarno ci intona una canzone “Ah la notte si va via” – Sitan, sitan- “si va via insieme a te” – Sitan, sitan- “come sei bella dolce luna” – Sitan, sitan,- “forse bella più di me” – La la la la la- . L’entusiasmo ci assale, i battiti delle mani vanno a ritmo di musica, qualche ragazza intona qualche falsetto e la quiete nella carrozza, si trasforma in una tempesta di colorate emozioni. Un ragazzo dietro di noi ci filma, non riesce a smettere di sorridere. “Sing with us, come on”. Tutta la sua famiglia si gira e si unisce a noi nella vorticosa festività. Gaetano intona con occhi pieni d’amore canzoni della sua amata Napoli, noi pochi della capitale contraccambiamo a gran voce con canzoni romane, i fiorentini con addirittura l’ inno della propria squadra e i nostri nuovi compagni di viaggio con un pezzo di una canzone che fa “Malu malu malu, denghe napu malu, suranghe nita malu ghenavaaa” ripetuto due volte. I cuori si fermano, i respiri si fanno più quieti e tutti intonano queste parole che per noi non hanno alcun significato, ma ci avvolgono in un tenero abbraccio. Siamo arrivati!
“Le foche” arrivano in Sri Lanka.
Siamo a bordo della nostra mitica jeep 25, come avrebbe detto la nostra compagna Alessandra in un tg per reporter. Siamo gli ultimi del convoglio in viaggio per il Minneriya National Park e il nostro giovane autista ventiduenne, si diverte a far sentire la potenza della sua jeep, rallentando il giusto per distanziarsi dal convoglio e poi affondare completamente il piede sull’acceleratore mentre noi siamo in piedi per goderci il viaggio. Ai cigli della dissestata strada di campagna, si innalzano delle mani di uomini, donne, e anziani per un saluto, accompagnate poi da meravigliosi sorrisi. Ci salutano come fossimo il papa, simbolo di un benessere superiore o come dei condottieri che li porteranno lunga la via della libertà. I bambini dalle case sentendo il rombo dei motori si affrettano come fulmini ad uscire. Nei loro occhi si riescono ad intravedere come si dice dalle mie parti, “le foche” del 15 di ferragosto. Fuochi d’ artificio che illuminano la notte, che illuminano quelle strade nel bel mezzo di una giornata soleggiante, di una luce diversa. Ci salutano a gran voce con i loro bianchi timbri e si felicitano per il nostro contraccambio nel salutarli. A destra. A sinistra. Escono da ogni parte, come se stessimo giocando a nascondino. Mentre stavo per sedermi, sento una voce in lontananza, il tempo di rialzarmi e vedo un bambino a una decina di metri che si sbraccia per salutarci, con la speranza che lo salutassimo anche noi. Con un semplice gesto di saluto per contraccambiare, il bambino ha iniziato a saltare come grillo, cantando o chissà, farneticando qualche strana parola senza senso. Tutto questo per aver salutato anche lui. Un mio saluto, un mio fottuto saluto per far contento un bambino. Posso solo che ringraziarlo. Si. Ringraziarlo di avermi fatto capire che basta poco al mondo per essere veramente felici, basta poco per fare del bene, basterebbe quel poco li per poter vivere al meglio la vita in un mondo come il nostro! Boom. Boom. Boom. Un’ applauso riecheggia nella piazza. “Le foche” sono finite!
“Non vi dimenticherò”
La brezza marina accarezza i volti dei passanti, le onde del mare battono il bagnasciuga con la quiete di chi sà non aver fretta e la salsedine inebria mi di un’ aria familiare. Il tempo sembra per un attimo fermarsi al mio fianco e come un buon amico, mi confida a cuor sincero che quest’ esperienza mi arricchirà ancor di più l’ animo. Ricorderò questa terra per il suo popolo, pronto a combattere ogni difficoltà con determinazione, pronto a porgere la mano quando credi che nessuno lo farà mai e pronto a chiedere di scattare una foto, affinchè io non possa dimenticarli!
Bellissimo. Bravo Davide, complimenti davvero !!!
Uno dei reportage più belli che abbia mai letto in vita mia, pieno di passione, ammirazione e tanto coinvolgimento.
Mi ha fatto venir voglia di partire per conoscere il signor Nissanka 🙂
Mentre leggevo tra le righe le canzoni da loro cantate, nella mia testa, le sue parole hanno creato una vera e propria orchestra ed era come se fossi presente, li con loro, a sentire quelle canzoni. Molto coinvolgente, e pieno di belle parole.
Alla fine del reportage mi è anche salita la malinconia..<3
Bravo Davide!