Baci da Bangkok – #THAILARCA
La scritta sulla cartolina è rossa e in italiano, mentre un Buddha giallo oro prega appiccicato al cartoncino. Sotto quella ed altre decine di cartoline dove il kitsch vince su tutto il resto, il suo volto disteso e pallido in mezzo ad oggetti di qualsiasi natura appare come l’unica stella della notte. Avrà si e no otto anni, un vestitino rosa al ginocchio, capelli nerissimi, sonno profondo. Dorme accovacciata su un accappatoio blu, per terra, in uno stanzino pieno di scarpe e ciabatte di qualsiasi tipo. Accanto sua madre ricama un cuscino con fili rossi, sta nascendo un drago rosso in mezzo al mare.
Lei dorme senza che nessuno possa capire, dorme in mezzo al caos più totale, dorme in un mercato angustissimo dove il disordine regna tra la puzza di pollo fritto da una settimana e il rumore di fondo della città. Mi chiedo come possa riuscirci, ma automaticamente mi rispondo che se con l’abitudine l’uomo è riuscito a trovare il modo di vivere in cima ai ghiacci delle montagne più alte, con l’abitudine una bambina candida come un confetto può addormentarsi tutti i giorni nel negozietto della mamma, in un mercato enorme di questa enorme città.
È un luogo che sorge in un grande edificio in cui ti infili da un piccolo ingresso lungo una normale arteria trafficatissima, ai piedi di una sopraelevata in cemento immensa che taglia in due la metropoli.
Accanto alla porta un tizio con baffetti neri sulla trentina vende bastoncini di pesce secco, sorride con un dente solo, è sudato fradicio e nonostante questo se ne sta dietro un fornello acceso con 35 gradi all’ombra a cuocere una brodaglia scura e fumante che non so a cosa possa rassomigliare.
Entriamo nel mercato quasi in punta di piedi, ci sono pochi coraggiosi avventori lungo quel corridoio lunghissimo e stretto ai lati del quale si succedono centinaia di minuscoli negozi che vendono di tutto. Un uomo anziano che offre scarpe in cuoio ci saluta affettuosamente con un sorriso da un dente solo e ci invita a visitare la sua vetrina; tiriamo dritto e la puzza di pollo fritto ci travolge. È un odore acre e profondo, che ti invade i polmoni e ti prende la testa quasi fosse un aerosol. Non sai da dove viene e ti chiedi chi sia mai colui che cuoce, dipingendoti nella fantasia un quadro astratto e assurdo con volti sconosciuti e personaggi fantastici.
Il corridoio prosegue. Un vecchio appare come una visione con il suo abito arancio ed una barba lunghissima seduto su un mucchio di ferrivecchi. Ha gli occhi chiusi ma parla in una lingua sconosciuta a chissà chi. Accanto a lui una giovane donna vende camice di lino. Ha gli occhi arrossati da un neon verdastro e serissima guarda i passanti. Più avanti c’è un tipo con i capelli rasati ed un orologio d’oro che farfuglia, vende palle di vetro di ogni genere e all’apparenza non è troppo felice.
In questo mercato passa l’esistenza di esseri che provano a sopravvivere in questa città nebulosa e tanto grande da farti pensare di essere un mondo a se stante. Qui si inseguono le loro miserie, i loro sogni sbiaditi, i loro album di famiglia scompaginati, i loro tentativi di stare a galla in qualche modo, su una scialuppa barcollante in un mare in tempesta.
Una donna grassa e appiccicosa ricama accanto ad un giornale in una cui grande foto un uomo baffuto in giacca e cravatta sorride, sta seduta su uno sgabello piccolo e pericolante, dietro abiti colorati e sgargianti. Non ride e non proferisce verbo mentre la guardo in silenzio. Lei fissa la sua opera e sembra volersene fregare dell’avventore potenziale cliente.
Improvvisamente succede qualcosa di strano. Si alza di scatto e con una mano mi indica una traversa del corridoio. È scurissima e piccola. Nella penombra s’intravede un uomo disteso per terra che dorme su un sacco bianco. È seminudo, russa e ad occhio da diversi giorni non si lava. Capisco che mi sta indicando suo marito. Non ha una faccia felice la donna, anzi, tra le pieghe del volto si intravede disperazione, prova a imbastire una superficiale conversazione in inglese, ma il tentativo fallisce miseramente poco dopo. Comprendo che vuole dirmi qualcosa, che vuole lanciarmi un messaggio.
Mentre parla, alla sua sinistra intravedo cappelli e cartoline. L’uomo intanto disteso per terra continua a dormire, si gira due volte e lascia partire di tempo in tempo qualche labile lamento.
La donna appare confusa, non riesce a spiegarsi e questo le dispiace e la frustra allo stesso tempo.
Provo ad immaginare cosa vuole dirmi ma non capisco fino in fondo, quando da una porta apparentemente invisibile gialla appare una ragazza sui vent’anni. Ha capelli lunghi e volto gentile. Incredibilmente parla italiano. La donna la guarda come una manna piovuta dal cielo e la invita a parlarmi, indicandomi. Si vede che le due si conoscono e si vede pure che si stavano incontrando per caso. La ragazza mi parla.
“Dice che suo marito è molto malato, è quell’uomo disteso per terra che dorme laggiù. Mi chiede se puoi comprare qualcosa per lei, non sa come campare sua figlia che passa quasi tutta la giornata qui con lei”. “Ed ora dov’è?”, le chiedo incuriosito.
“Come? È lì, non la vedi?”.
In mezzo ad oggetti di qualsiasi tipo vedo una stellina nella notte, mentre il profumo di pollo fritto vince su tutto, ha il volto pallido e gli occhi chiusi. Accovacciata in un accappatoio riposa.
Mi passa davanti la vita e tutti i pensieri disponibili per un uomo.
Alzo gli occhi. Una cartolina sopra di lei che gira insieme ad altre centinaia su uno sgabello bianco con un Buddha dorato che prega, ha una scritta rossa in italiano.
Dice, teneramente e violentemente, “Baci da Bangkok”. E fuori comincia a piovere.
Filippo Boni
Grandi!!!!!!!!!!!
Non vedo l'ora di gustarmi il prossimo!!!