Il Bushido, l’antico codice dei samurai e i suoi principi.
Il bushido (via -o morale- del guerriero) è un codice di condotta e uno stile di vita – simile al concetto europeo di cavalleria e a quello romano del mos maiorum – adottato dai samurai (o bushi, da cui il nome), cioè la casta guerriera in Giappone. In esso, a differenza di altri addestramenti militari nel mondo, sono raccolte, oltre le norme di disciplina militari, anche quelle morali che presero forma in Giappone durante gli shogunati di Kamakura (1185-1333) e Ashikaga (1336-1573), e che furono formalmente definite ed applicate nel periodo Tokugawa (1603-1867).
Ispirato alle dottrine del buddhismo e del confucianesimo adattate alla casta dei guerrieri, il bushido esigeva il rispetto dei valori di onestà, lealtà, giustizia, compassione, dovere, coraggio, sincerità, eroismo, onore, gentilezza e cortesia, i quali dovevano essere perseguiti fino alla morte. Il venir meno a questi princìpi causava il disonore del guerriero, che espiava la propria colpa commettendo il seppuku, il suicidio rituale.
Successivamente alla Restaurazione Meiji (1866-1869), il bushido ebbe come punto fondante il rispetto assoluto dell’autorità dell’imperatore e divenne uno dei capisaldi del nazionalismo giapponese. Uno dei princìpi del bushido, l’assoluto disprezzo per il nemico che si arrende, fu la causa dei trattamenti brutali e denigranti a cui i giapponesi sottoposero i prigionieri nel corso della seconda guerra mondiale (al contrario del mos romano, nel quale con la resa – dopo la relativa intimazione – il nemico viene risparmiato mentre, se rifiuta di arrendersi, viene sterminato); l’inaccettabilità etica della resa e la ricerca di una morte onorevole in combattimento spinsero molti kamikaze al sacrificio.
I sette principi del Bushido
Il Bushido si fonda su sette concetti fondamentali, ai quali il samurai deve scrupolosamente attenersi:
Gi: Onestà e Giustizia
Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell’onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Yu: Eroico Coraggio
Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L’eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.
Jin: Compassione
L’intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d’aiuto ai propri simili e se l’opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una. La compassione di un samurai va dimostrata soprattutto nei riguardi delle donne e dei fanciulli.
Rei: Gentile Cortesia
I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini. Il miglior combattimento è quello evitato.
Makoto: Completa Sincerità
Quando un Samurai esprime l’intenzione di compiere un’azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l’intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di “dare la parola” né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.
Meiyo: Onore
Vi è un solo giudice dell’onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.
Chugi: Dovere e Lealtà
Per il Samurai compiere un’azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.
Gli antichi guerrieri Yayoi svilupparono armi, armature ed un codice, che durante i secoli successivi diventarono il fondamento per i Samurai. Le prime armi includevano arco, frecce e spade. L’armatura includeva un elmo che proteggeva testa e collo, una corazza che proteggeva il torace, ripari per le braccia e le spalle e una protezione per l’addome. Più tardi le armature compresero anche protezioni per gambe e cosce. L’armatura cambiò con l’evolversi della battaglia. Nel quinto secolo l’introduzione dei cavalli in Giappone rivoluzionò i combattimenti. Ci fu un altro cambiamento decisivo nel quindicesimo secolo, l’introduzione delle armi da fuoco a causa della continuità della guerra. Il codice si sviluppò dal Kyuba no michi (Via del Cavallo e dell’Arco), raccolta cinese di precetti sul valore dei guerrieri in combattimento, al Bushido (Via del Guerriero). Bushido è il codice che sta alla base della condotta e dei valori di ogni Samurai. La filosofia del codice Bushido è la “libertà dalla paura”; esso afferma che il Samurai è superiore alla sua paura della morte. Questo gli dà la serenità e la forza di servire il suo maestro fedelmente, morendo se necessario. Il dovere è il primo valore del Samurai. I Samurai sorsero durante le continue battaglie per estendere i propri domini fra le tre principali casate: i Minamoto, i Fujiwara ed i Taira. I Samurai diventarono una vera e propria classe sociale tra il nono ed il dodicesimo secolo. Venivano chiamati in due modi: Samurai (cavalieri) e Bushi (guerrieri). Alcuni di loro erano legati alla classe dominante, altri venivano assunti: giuravano fedeltà ai loro Daimyo (feudatari) e ricevevano in cambio titoli e terreni. I Daimyo si servivano dei Samurai per espandere i propri domini e per proteggere i terreni che già possedevano. I Samurai erano esperti sia nei combattimenti a cavallo che a piedi, si esercitavano ad affrontarsi armati e disarmati. I primi Samurai erano specializzati nei combattimenti con arco e frecce; usavano le spade solo nelle mischie e per decapitare i nemici. Le battaglie contro i Mongoli portarono alcuni cambiamenti. I Samurai iniziarono ad usare di più le spade, ed anche le lance ed i naginata (tipo di alabarda con la lama molto arcuata).
L’armatura dei Samurai : Yoroi
L’armatura (Yoroi) a disposizione dei Samurai era meno ingombrante e pesante di quelle dei cavalieri medioevali europei, in quanto veniva costruita con materiali in genere più leggeri, ma non per questo si può dire che svolgesse il suo compito in maniera meno efficace. La tipologia di queste armature, rifletteva in buona parte le esigenze dei Samurai, dispostissimi a sacrificare lo spessore delle loro protezioni in favore di una maggiore capacità di movimento. Questo atteggiamento non derivava da un’eccessiva sicurezza ostentata dai guerrieri giapponesi, ma dalla constatazione che nessuna armatura costituiva una barriera impenetrabile per le frecce, le lance e le spade dei nemici. Muoversi agilmente era quindi un elemento importante per non sacrificare la propria vita inutilmente. Come spesso era accaduto per altre dotazioni militari dei Samurai, anche l’armatura assunse per i soldati significati che andavano oltre il suo semplice utilizzo pratico. Esse erano infatti un segno d’identificazione, d’apparteneza ad un clan. I lacci, in cuoio o in seta, che univano le varie parti dell’armatura, venivano trattati in modo che ogni gruppo avesse i propri colori distintivi. Questa caratterizzazione, oltre che un significato simbolico, aveva anche una notevole utilità pratica, infatti, grazie ai colori dei lacci (in Giapponese Odoshi) i Samurai evitavano di uccidere i loro stessi compagni nella confusione della battaglia. Le allacciature erano anche un segno distintivo, dato che più era fitta la loro trama in un’armatura più elevato era il grado di nobiltà di colui che la indossava(O-Yoroi). Lo stesso può dirsi per quanto riguarda l’architettura delle armature: un’armatura complessa, ricca di elementi protettivi, apparteneva solitamente ad un condottiero, mentre man mano che si scendeva verso i soldati semplici le protezioni diventavano sempre più limitate. Oltre alle allacciature, un’altro simbolo d’appartenenza e di nobiltà delle armature, in genere portato sull’elmo (Kabuto)e sugli stendardi per essere visto anche a grandi distanze, era il Mon o il Komon, un emblema, o per meglio dire un vero e proprio marchio registrato con tanto di permesso governativo, che distingueva le varie famiglie. Come nel caso dei fabbri-artigiani che producevano le famose lame dei Katana, anche i produttori di armature erano tenuti in gran considerazione dai Giapponesi, essi erano infatti molto dotati e capaci di produrre protezioni semplici, leggere ed allo stesso tempo molto efficaci. Le armature, e in questo caso parliamo di quelle più complete, erano destinate alla protezione della testa (Kabuto), delle spalle (Sode), delle braccia (Kote), del busto (Do), del ventre(Kuzazuri) e delle gambe (Haidate) fino a coprire i piedi(Suneate). Inizialmente le armature erano costituite da placche di cuoio cucite sopra la stoffa, in seguito il cuoio venne placcato con delle lastre in ferro e, infine, il ferro sostituì completamente il cuoio dando origine alle Yoroi, è cioè alle armature Samurai come oggi le conosciamo. La corazza, in lamine di ferro, era sostenuta da una fitta maglia metallica che rendeva i movimenti più semplici e la struttura meno rigida. Probabilmente, la componente più curiosa dell’armatura erano le spaventose maschere (Menpo) che i Samurai portavano con il triplo scopo di proteggere il volto, di costituire una base per l’elmo e di incutere timore nell’avversario. Gli stili erano tantissimi e tutti erano destinati a svolgere il loro sottile effetto psicologico: l’avversario di un Samurai poteva trovarsi di fronte un guerriero dalle sembianze di un demone, di un animale, di un bambino, di una donna o di un vecchio. Curiosamente, le maschere impedivano ai guerrieri ogni movimento della bocca e delle labbra.
Un altro elemento molto importante sia dal punto di vista funzionale che da quello simbolico, era l’elmo. Solitamente in ferro, questi copricapi da guerra erano forgiati nelle forme più strane e si caratterizzavano per un’apertura che doveva permettere al dio della guerra di entrare in loro e aiutarli in battaglia. Dato che gli artigiani giapponesi generalmente disdegnavano la produzione “in serie”, la maschera e l’elmo di ogni Samurai erano solitamente dei pezzi unici che li distinguevano dagli altri guerrieri. L’effetto spaventoso (per gli avversari), dovuto all’imponenza delle armature e alle decorazioni volutamente impressionanti delle maschere e degli elmi, veniva amplificato da lunghi mantelli, cappe (come, per esempio, l’Horo), e soprabiti (come, per esempio, lo Jimbaori) che trasformavano i Samurai in uomini simili ad esseri giganteschi. Tra le dotazioni di un Samurai, vi era un piccolo salvagente utile per l’attraversamento dei fiumi. Bisogna infatti tenere conto che, anche se le armature giapponesi non erano estremamente pesanti, cadere in acque profonde con una corazza addosso avrebbe potuto causare l’annegamento anche di un uomo molto robusto.
Per finire con una curiosità, ricordiamo che per costruire un quadro completo delle dotazioni belliche dei Samurai, non bisogna dimenticarsi di citare le tre sacche che questi guerrieri portavano sempre con se durante le campagne militari: una sacca era destinata al trasporto del cibo; una seconda era destinata a contenere esclusivamente riso; la terza sacca serviva per contenere le teste mozzate degli avversari uccisi in guerra.