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Reportage di Emanuela Silvestrini

IL MONDO VISTO CON ALTRI OCCHI

Reportage di Emanuela Silvestrini

 

Scarica il reportage originaleEro in macchina. In qualsiasi parte mi girassi i miei occhi incontravano palazzi ed il mio naso  puzzava di fumo, sembrava quasi che i miei sensi non fossero più abituati a vedere e sentire tutto  ciò che fino ad allora era normale. La mia mente vagava  in  un  universo  parallelo  ben  lontano  da  tutto  ciò  che  ci  circondava,  a raccontarlo non mi avrebbero creduto. Ed infatti fu così. Quando raccontavo che per le strade è vietato  fumare,  e che  chi  lo  avesse fatto  sarebbe stato  multato,  non  mi credevano; per loro era inconcepibile. Inizialmente non mi hanno neanche creduto quando  mi hanno chiesto la meta estiva di quest’anno. La domanda seguente era il perché di quella scelta; a  volte me lo chiedevo anch’io. Eppure la prima ad essere incredula ero proprio io, non pensavo che un posto così povero potesse essere ricco di così tante bellezze; in particolare lo Sri Lanka è ricco di templi.

Era il terzo giorno e già ne avevo abbastanza di templi. Eravamo in giro dalle 8,30 per vedere quattro mura sulle quali vi erano appese immagini di Shiva e Ganesha addobbate con neon luminosi e fili colorati; ma ve lo immaginate un quadro di Gesù così?  A  me  sa  tanto  di  aria  natalizia,  e  se  posso  permettermi  è  anche  un  po’ “pacchiano”. Arrivate le 18,00 ero sfinita eppure il tour non finiva qui, ce n’era ancora un altro da vedere: quello di Tooth Relic. A differenza degli  altri quest’ultimo era proprio come quelli che si vedono in tv; era proprio come lo immaginavo. Alla vista di tale bellezza ho avuto un momento di disorientamento, quasi come se fossi stata colpita  dalla  famosa  sindrome  di  Stendhal.  Tutta  quella  gente,  ora  proveniente dall’altra parte del mondo ora singalesi, era lì ad aspettare di poter salire le scale per poi  portare  la  loro  umile  offerta  al  Buddha,  per  pregare,  o  semplicemente  per ammirare quello spettacolo. Sanno bene non gli capiterà così facilmente per il resto della loro vita, a meno che non siano così ricchi da potersi permettere di andare nello Sri Lanka tutte le volte che vogliono! Musiche e canti che accolgono i  visitatori al piano inferiore, una luce soffusa e colori caldi erano i tanti piccoli pezzetti di un puzzle che poi uniti creavano un’atmosfera perfetta, l’unica pecca è stata quella di non aver visto il  dente di Buddha. Mi aveva colpito anche un altro tempio, ma non ne ricordo il nome. La visita  non era nel programma, era stata improvvisata, casuale; forse per questo è stata anche più eccitante, perché lo avevamo scoperto io ed altri due miei  compagni  di  viaggio,  è stato  qualcosa di  più  intimo, quel  ricordo,  e quella benedizione,  è  stata  soltanto  nostra  e  di  nessun  altro.  Un  pomeriggio  a  Kandy avevamo a disposizione un po’  di tempo libero ed io Valerio ed Elena avevamo pensato  di  impiegarlo  bene.  Ci  siamo  imbattuti  in una  costruzione sconosciuta e soltanto dopo esserci entrati abbiamo scoperto che era l’ennesimo tempio, nonostante tutto decidemmo di dare inizio alla nostra piccola ma simpatica avventura. Dopo aver visto un po’ di “decorazioni natalizie” in un angolino noto una stanzetta. Con o senza il permesso di qualcuno dovevo entrarci. Piccola e concentrata, per la prima volta non vedo  alcuna  immagine  di  nessuna  divinità  ma  soltanto  foto  e  calendari  con  una scrivania, un libro ed un ventaglio. Quando mi raggiungono Elena e Valerio non sono soli, vi è anche un monaco con loro. Quest’ultimo con gentilezza si propone di farci da guida turistica raccontandoci la storia del tempio. Ad un tratto si interrompe; mette la mano sotto l’ascella e con l’altra prende il ventaglio ed inizia a farfugliare nella sua lingua.  Il  problema  non  è  stato  tanto  la  benedizione,  nonostante  non  sia  la  mia religione,  ma il come:  quella mano sotto l’ascella sarebbe stata perfetta se fosse rimasta  lì  e  non  si  fosse  spostata  sulla  mia  testa.  Tralasciando  questo  piccolo particolare il momento era davvero  intimo: chinai il capo, chiusi gli occhi ed in silenzio ascoltai tutto quel che diceva il monaco, nella speranza che in realtà non mi stesse mandando a quel paese! Terminata la benedizione ci legò uno spago bianco al polso e disse: “Quando tornerai nello Sri Lanka la tua vita cambierà.” So bene che queste cose non sono vere, ma in quel momento ci ho creduto. Contenta di aver ricevuto qualcosa che non puoi comprare come souvenir ma che va al di là di qualsiasi cosa tangibile la mia gioia interiore si interruppe quando il monaco iniziò a chiedermi dei soldi. Pensavo fosse stato qualcosa fatta spontaneamente, ed invece …

Avevo capito che i soldi contano anche lì. Dai soldi dipende tutto, soprattutto il livello della qualità della vita che lì è molto basso. Come basso è soprattutto il livello di igiene, infatti mi chiedo  ancora come sia sopravvissuta. Ricordo che un giorno all’esibizione di “Arti Angam” seguiva un pranzo tradizionale. Solo per il cibo dovrei dedicarci una pagina; quegli odori così forti che solo  alzando il coperchio di una pentola ti ritrovi i capelli che puzzano di curry e quelle spezie, ora troppo dolci ora troppo piccanti. Sarei dovuta dimagrire, e invece no. Nonostante tutto sono ingrassata, ma voglio attribuire la colpa alla cucina degli alberghi, che essendo tutti a 4 stelle non si limitavano a cucinare soltanto pietanze tipiche del posto …

Ma noi dove eravamo rimasti? Ah si, al pranzo tradizionale. Ai “difetti” della loro  cultura  culinaria  si  aggiungeva  anche il  loro  “galateo”,  che comprendeva  la disposizione delle pietanze in un’unica cesta con il fondo rivestito di foglie, in quanto non ti veniva offerto un altro piatto, ops, scusate; volevo dire cesta. Ma il bello doveva ancora venire. Dopo aver riempito la mia cesta con una buona porzione di riso bianco chiedo ad uno del posto dove posso trovare delle posate, e lui con  semplicità mi risponde di mangiare con le mani. “Con le mani?” “Ho sentito bene?” “Il mio inglese non è da Oxford o Cambridge, forse non avevo capito bene.” Ma molto probabilmente non ci voleva un livello d’inglese così alto per capire “Eat with hands” … Comunque non pensiate di poter consumare  il vostro pasto seduti ad un tavolino, se volete, mangiate con gli insetti in mezzo alla natura. Ora che ci penso ho notato la quasi totale assenza di luoghi di ritrovo nello Sri Lanka che abbiamo visitato. Da loro non si usa dire “Ci vediamo per un caffè” oppure “Stasera si va a ballare” perché non ci sono ne bar e tanto meno discoteche. Il viaggio nello Sri Lanka penso sia stato uno dei più belli,  ma sono certa che non potrei mai andarci a vivere, e se lo facessi lo farei soltanto per due ragioni: la natura e la cordialità delle persone.

Quando  vai  nello  Sri  Lanka  dimentica  i  grandi  magazzini,  il  traffico,  la confusione; i palazzi. Il panorama non si ammira dall’ultimo piano di un grattacielo, ma da “fortezze” come Sigiriya, uno stupendo spettacolo della natura. I 1.800 scalini scavati nella roccia lasciano a desiderare, ma ne è valsa la pena. Una volta arrivati in cima la sensazione è a dir poco fantastica. Ti senti come se fossi il re di tutto ciò che vedi, che non è un impero, ma è qualcosa di molto meglio: una distesa di verde. La sensazione  di  calma,  di  tranquillità  e  di  pace,  è  affiancata  al   contempo  dalla sensazione di superiorità perché rispetto a chi è laggiù tu vedi tutto. Quando invece sei giù dinanzi alla fortezza è fantastico passare dalla sensazione di superiorità a quella di sentirsi piccoli ed indifesi rispetto alla grandezza della natura. Non pensavo che una “roccia” potesse scatenare così tante emozioni contrastanti.

La bellezza inoltre non è solo nei paesaggi, ma si incontra anche per strada, tra la gente. La  bellezza è racchiusa nei loro volti, nei loro sorrisi, nei loro sguardi. Il calore che emana quel popolo non lo avevo sentito da nessun altra parte, tranne che in Spagna; ma è un calore diverso, mentre quello spagnolo si basa sulla vivacità, quello singalese  si  basa  sulla  semplicità.  La  gente  sembrava  non  avesse  mai  visto  un pullman. Ogni volta durante i nostri spostamenti sempre uomini, donne e bambini di qualsiasi   età   ci   salutavano;   e   per   strada   invece   ti   fermavano   facendoti   un interrogatorio, come se fossi in un distretto di polizia! Ma la cosa più bella è quando ti sorridevano.  Non  ho mai sorriso per strada così tante volte in vita mia. La gente ti guardava e ti sorrideva; così, senza motivo, senza conoscerti. Noi occidentali poniamo limiti a chiunque perché è la nostra società che ci spinge a farlo. Ci porta ad essere sempre più sospettosi, avidi, invidiosi,egoisti. Loro forse,  non sanno neanche cosa significhi “essere invidiosi”. Di cosa dovrebbero esserlo? Non hanno tutto quello che abbiamo noi, eppure vivono benissimo, e nonostante tutto sono contenti. Da oggi in poi sorrido di più per strada, e non mi importa se mi guardano male. Non lo faccio per essere ricambiata, ma per il semplice piacere di farlo. Per provare ogni volta quella sensazione che provavo lì nello Sri Lanka, di quando uno sconosciuto, senza sapere da dove venissi o cosa facessi, se fossi etero o lesbica, cristiana o buddista, mi sorrideva facendo  risvegliare  qualcosa  dentro  di  me,  qualcosa  che  mi  cambiava  l’umore, facendomi spontaneamente incurvare le labbra fino a formare una parentesi tonda. Ma lo Sri Lanka non mi ha solo lasciato momenti di felicità, ma anche di forte adrenalina, di imbarazzo e di timore.

In tredici giorni di viaggio non avevo mai provato la sensazione di una forte scarica di  adrenalina unita a quella della paura; tutto ciò me lo ha potuto dare il rafting.  Durante  il  tragitto  in  pianura  ero  tranquilla,  iniziavo  a  sentire  un  lieve formicolio sulle mani quando ci stavamo avvicinando alla discesa. In quel momento l’istruttore ci ripeteva in continuazione di remare sempre più forte, ma io invece mi aggrappavo alla corda per la paura di cadere. Non ero la sola del mio gruppo a farlo, sennò davvero mi sarei sentita in imbarazzo.

Ero in imbarazzo invece il primo giorno di viaggio. L’età minima dei viaggi blu dell’Arca  è  diciotto, l’età massima ventinove.  Quante possibilità avrei potuto avere di incontrare persone della mia età? Pensavo nessuna, in quanto dopo aver visto le  facce  dei  miei  compagni  di  viaggio  sul  gruppo  di  Facebook,  quel  briciolo  di speranza che avevo era andato perduto. Il mio imbarazzo si trasformò in timore. “E se non mi accettano?” “E se fossi troppo piccola per loro?” Mi escluderanno,  per loro sono ancora una bambina.” Tutti questi timori si alleviarono nel momento esatto di quando ho incontrato Elena, un’altra diciottenne come me, e per di più era anche più piccola di qualche mese! Con il trascorrere della vacanza mi sono resa conto che avere timore, o provare imbarazzo per una  cosa  che non è colpa tua non serviva a nulla, anche perché non potevo farci nulla. Solo una cosa potevo fare: essere me stessa. Che i miei compagni di viaggi siano stati più grandi non importava; anzi, è stato un’ottima occasione per confrontarmi e sperimentarmi. Alla fine, nonostante tutto, anche io ho stretto amicizia, e perfino con qualcuno molto più grande di me!

Forse non sarò matura come i miei compagni di viaggio, per quello ci vuole esperienza, e io ne ho ancora poca; ma sono certa di una cosa: dopo questo viaggio sicuramente  sono  ingrassata,  e  non  soltanto  in  senso  fisico.  Mi  succede  ad  ogni viaggio che mi colpisce. Mi dilato con tutto quello che assorbo, vedo e raccolgo. Mi dilato di nozioni, di pensieri, di esperienze. Per la prima volta sono stata io, con i miei occhi, a vedere tutto quello che fino ad allora avevo soltanto visto, ascoltato o letto. E vi assicuro che viverla è tutt’altra cosa. Indipendentemente dal mio odio per le spezie, la poca igiene, le superstizioni, lo Sri Lanka ha tanto. Ti fa capire che anche se non esiste un pub, la gente continua a vivere e soprattutto continua a sorridere; ti fa capire che ci sono persone che hanno rispetto  di quel che la natura gli offre, aiutandola a crescere senza buttare  via nulla,  proprio  come il  cocco;  ti fa capire che bisogna conoscere persone diverse per avere una panoramica diversa, ti fa capire che nella vita ci vuole spirito di adattamento, perché sennò rimarrai sempre un turista e non  sarai mai un viaggiatore; ti fa capire che sicuramente lo Sri Lanka non sarà mai il posto dove andrai a vivere, ma che rimarrà sempre nel tuo cuore.

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5 Thoughts to “Reportage di Emanuela Silvestrini”

  1. Emanuela Silvestrini

    Bruno grazie mille per il commento, e soprattutto per i complimenti. Spero sia riuscita a trasmettere anche solo una minima parte di tutte le emozioni che ho provato lì nello Sri Lanka, ti assicuro che è stata davvero una bella esperienza. Viaggiare in un mondo completamente diverso dal nostro ti apre la mente consentendoti di guardare ciò che ci circonda con occhi diversi. Un bacione anche a Claudio e Daniela.

  2. Maria Rosaria

    Bello bello bello, soprattutto quello che hai scritto.

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