Ritigala in Sri Lanka: tra antiche rovine, monaci buddisti e… un orfanotrofio per elefanti
Ritigala, ad un’altezza di 766 m sopra il livello del mare e circondata da aride pianure, è la montagna più alta del centro-nord dello Sri Lanka. Il corpo della montagna di circa tre miglia di lunghezza e circa due miglia di larghezza, è ricoperto da una fitta giungla abitata da elefanti, leopardi e orsi ed è stata dichiarata Riserva Naturale al fine di mantenere il suo ambiente incontaminato. Le nuvole che spesso coprono la cima della montagna e la nebbia che è presente molto spesso, favoriscono una flora molto più ricca di quella che si trova comunemente nelle colline dello Sri Lanka centrale.
Storia di Ritigala
Ritigala è sede di 70 grotte scavate nella roccia che si pensa siano state abitate fin dal I secolo a.C. Mahavamsa, grande fonte di cronache della storia dello Sri Lanka, narra che Ritigala era conosciuta con il nome di “Arittha-pabbata” durante il regno di Pandukabhaya (377-307 a.C), terzo re dello Sri Lanka. Da allora Ritigala è stata un santuario e un luogo di culto molto conosciuto in tutto il paese.
Sin dall’alba del buddismo in Sri Lanka, i monaci vivevano qui in grotte naturali o ripari. Iscrizioni rupestri scoperte a Ritigala indicano che a poco a poco, il santuario divenne un ritiro per monaci eremiti. Un’iscrizione trovata nella montagna ci fa capire che il monastero di Ritigala fu fondato dal re Lanji Tissa (119-109 a.C.) in onore dei monaci che praticavano estrema austerità. Dal X al XII secolo d.C., tuttavia Ritigala sembra essere stata abbandonata dai monaci eremiti, invasa dalla giungla e dimenticata dalla popolazione.
Le rovine che possiamo osservare oggi, appartengono alla costruzione risalente all’epoca del re Sena I (846-866 dC) che costruì, sulla base dell’originale edificio, il monastero per i monaci Pansakulika, recentemente restaurato dal dipartimento archeologico dello Sri Lanka.
Riscoperta di Ritigala
Alla fine del X secolo, Ritigala fu attraversata dalla guerriglia degli invasori che provenivano dall’India. Tra il X e il XII secolo Ritigala sembra essere stata abbandonata dai monaci eremiti e risucchiata dalla giungla per poi essere riscoperta nel XIX secolo dal geometra britannico James Mantell. Un paio di decenni più tardi, il primo commissario archeologico a Ceylon, H.C.P. Bell, visitò Ritigala e pubblicò un rapporto sulle sue indagini archeologiche.
Le rovine del monastero buddista
Entrando nel sito di rovine del monastero, i visitatori si trovano davanti ad un enorme bacino artificiale il cui interno è rivestito con pietre allo scopo di proteggerlo ma anche per far sì che i bagnanti potessero utilizzare queste pietre per accedervi più comodamente. Il percorso che porta alle rovine corre lungo la sponda meridionale del bacino, attraversa un ponte e poi porta ai primi edifici.
Una breve salita porta i visitatori alle rovine di Ritigala, sparse su una superficie di circa 120 ettari. Girando a destra i visitatori vedono un grande edificio rettangolare con un cortile lastricato: è il refettorio con la sua vasca in pietra. Proprio vicino al refettorio c’è una grande area racchiusa da un muro che, come la maggior parte delle strutture a Ritigala, è fatta di enormi lastre finemente tagliate. Sul lato nord del muro di cinta si trova un percorso che conduce ad un burrone e ad un fiume attraversato da un ponte di pietra e un recinto dove si praticava la balneazione. Tornando vicino all’angolo nord-ovest della zona chiusa, il visitatore trova un sentiero che conduce verso ovest attraverso una fitta foresta. Questo sentiero lastricato si estende per circa un chilometro e ha diverse rampe di scale intervallate da due rotatorie.
Ritigala Elephant Transit Home
Oltre ad essere un importate centro archeologico e religioso, Ritigala è famosa anche perché ospita la sede del famoso Ritigala Elephant Transit Home: un orfanotrofio per elefanti gestito dal Department of Wildlife Conservation. I giovanissimi elefanti che si perdono nella foresta o che hanno bisogno di cure vengono soccorsi e nutriti in questo centro dove saranno ospitati fino a che non saranno in grado di tornare alla vita nella giungla. Si tratta di un’ottima alternativa alla cattività permanente, a cui sono destinati molti animali feriti e curati in centri di accoglienza. Qui infatti, lo scopo principale è quello di aiutare i piccoli elefanti a sopravvivere con le loro forze e capacità in modo da rientrare nel più breve tempo possibile a contatto con la giungla dello Sri Lanka.