#SRILARCA2014 – Quando la tradizione è spettacolo!
Il fuoco si appoggia sulla lingua e diventa fumo. La pioggia scroscia fra le palme e i ragazzi guardano a bocca aperta. Silenzio. Gocce di umido sole si scrollano dalla palma e toccano terra. Il tempo pare fermarsi nella jungla di Kandy, nel cuore dello Sri Lanka, dove si alternano sogni a preghiere, balli a canzoni, temporali a incidenti nelle strade tortuose e screpolate.
Il fuoco dalla lingua scorre lungo le braccia, sul petto, sulle mani, e poi torna nella bocca. No. Non sta bruciando nessuno. C’è solo un tipo sui quarant’anni con denti scuri a petto nudo che nella foresta di fronte ad un gruppo di giovani ventenni italiani sta dando prova della sua virilità bruciandosi con il fuoco come uno spiedino. Lo ingoia, lo lecca, lo mangia, se lo strofina sulla pelle, sulle gambe, sul cuore. Poi ci guarda con sguardo profondo e sorride. Anche lui, mentre tutti lo guardano intensamente e si chiedono come diavolo faccia a dare del “tu” al fuoco con quella confidenza.
Il mattino corre verso il pomeriggio e dopo il domatore di fiamme arrivano i balli in costume della danza kandiana il gruppo corre verso i templi. Quattro quelli che vedrà, che ammirerà stupito, che gli daranno da pensare e che lo faranno interrogar.
Il gruppo è unito. Nonostante non si conoscessero fin dal primo momento i ragazzi hanno dimostrato feeling, fanno battute, condividono bene un silenzio complice, viaggiano in sintonia e non è facile. Il percorso fra un tempio e l’altro si dipana on the road ed il monsone lascia spazio alle statue dei Buddha dorati ed ai piedi nudi. La fila che i cingalesi fanno per venire a pregare non finisce mai. Uno dietro l’altro scorrono educatissimi per piegarsi e mettere un fiore di fronte al Buddha, poi dopo l’inchino scappano nella folla.
Il pomeriggio scivola e anche il tempio del dente del mitico predicatore orientale scorre. È immenso, bianco nel verde, la gente scalza sotto una pioggerella a finissima si confonde all’incenso e prega. Visitiamo ogni stanza, tentiamo di fare nostro ogni angolo di questo luogo perduto nella jungla di quest’isola, in una città che fu potente in epoche remote.
Poi arriva la sera ed il pensiero torna a terre lontane, a un ragazzo che si scaccola seduto in una pozzanghera fuori dall’hotel, alla luce chiara del tramonto nonostante le nubi, al gracchiare rauco delle rane tra gli alberi e la notte. Quell’uomo che ingoiava fiamme chissà dov’è. Chissà se esiste davvero. Fumo o fuoco. Leggenda o verità. E ricomincia a piovere.