Un fiammifero acceso [reportage di Luca Mazzuoli]
22 Agosto 2015
Sulla tavola c’è un fiammifero spento, una tovaglia trasparente, una sigaretta accesa, una foto e un sogno, quello di tornare dal viaggio che sta per cominciare con la certezza di non dimenticare il passato ma di farne un tesoro nonostante le ferite. Lo sto aspettando come un viaggio di speranza ma ho il timore che si trasformi in un’qualcosa di poco incisivo, o addirittura peggio, in una sorta di incubo. La bomba di qualche giorno fa che ha portato via la vita a una ventina di persone in pieno centro a Bangkok, quella bomba che non ha ancora un nome e un cognome e dunque non ha responsabili mi fa tremare, ho il terrore che qualcosa non possa andare per il verso giusto, tremo al solo pensiero che qualcosa vada storto e che il sogno divenga tormento.
Non ci penso, faccio qualche telefonata, saluto i miei, sento gli amici, abbracci, pacche sulle spalle, silenzi, sorrisi smorzati.
Devo ammettere che la Thailandia non era una metà ambita tra i miei desideri di viaggio, sono amante dell’Africa e dell’America del Sud, l’oriente sinceramente avrei preferito scoprirlo in un secondo momento, ma l’occasione che si è presentata non potevo lasciarmela sfuggire perché se e’ vero che la vita è un viaggio quale miglior compagno avrei potuto avere se non l’amico di una vita, Filippo!
Amico di nascita dal 1980, 34 anni trascorsi insieme tra scuola materna, elementare e media, primi amori primi calci al pallone per poi allontanarsi raggiunta la maggiore età e ritrovarsi pochi anni dopo come se nel frattempo nessun giorno fosse passato, l’amico che tutti vorrebbero avere, che mi ha persino sposato e che poco dopo mi è stato vicino per la separazione, insomma ne abbiamo passate di belle e di brutte e questo sarebbe stato il nostro primo vero viaggio insieme.
Il 17 agosto al rientro a casa da 2 giorni di mare mentre ero in macchina arriva la notizia via radio dell’attentato a Bangkok, decine di morti e oltre cento feriti, quella bomba è risuonata dentro la mia testa per tutta la settimana, in quell’attimo i miei sogni di partire per la Thailandia stavano svanendo piano piano.
Poi mi sono comunque detto che valeva la pena provare, che era giusto dare tutto per poter davvero far si che questo viaggio potesse provare ad essere il viaggio di una vita.
22 Settembre 2015
No. Non dimenticherò.
Sulla tavola c’è un fiammifero acceso e Niccolò Fabi alla radio sullo sfondo canta “Lontano da Me”.
Già, Lontano da me, lontano da tutto, lontano da un viaggio che è stato una delle esperienze più profonde della mia vita e che mi hanno fatto davvero essere felice di pensare che in fondo valeva la pena provare, vincere il timore delle bombe e del terrorismo e di provare a vedere la luce oltre il buio dell’orizzonte.
E’ stato così, la Thailandia mi ha lasciato addosso qualcosa che sono certo non perderò mai.
Bangkok è stata una folla oceanica di persone, bancarelle dovunque che vendevano di tutto: porcellane, fiori, tappeti, cuscini, vestiti, cibo dall’aspetto e dall’odore molto improbabile, animali, dentiere (sì, dentiere!). Insomma, mi sono sentito come in un vortice indescrivibile.
E’ una città dentro la città ed è il mercato all’aperto più grande del mondo, per girarlo è necessaria una mappa! A tutto ciò bisogna aggiungere il caldo, sui 30-32°, con quella bella percentuale di umidità che in Thailandia non manca mai, e poi le corse in tuk tuk suonando la chitarra e cantando a squarciagola abbinate a topi lungo le fogne, puttane in quartieri infiniti, acqua putrida con carpe e pesci gatto che sguazzano dovunque.
Bangkok è stata un tempio dietro l’altro con l’arte che spunta da tutte le parti e la decadenza e la povertà che gli fanno da contorno.
Tre giorni volati tra l’umido e il rumore della città che anche la notte non si ferma mai, e poi il popolo thai, è davvero devoto al proprio dio, ci sono Buddha ovunque e sono circondati da gente che prega e fa offerte.
Nei templi, così come nelle case private, si entra senza scarpe e con un abbigliamento “consono” ovvero spalle coperte (no quindi a canotte e top), e preferibilmente con pantaloni e gonne sotto il ginocchio (banditi shorts e gonne corte). Per visitare il palazzo reale, è addirittura richiesto di avere le caviglie coperte! Con quel caldo non è proprio l’ideale, ma del resto è fondamentale rispettare le usanze dei popoli.
E che dire di Sukothai?
Letteralmente, il nome significa “L’alba della felicità”.
Si trova a poco più di 400 km a nord di Bangkok ed è considerata la capitale del primo regno indipendente thailandese, questa città è stata la culla della civiltà thai e rappresenta uno dei più importanti siti storici del Sud-Est asiatico.
Abbiamo visitato la statua del Buddha “parlante”, una enorme, bellissima statua seduta, affiancata dalle colonne del tempio il cui tetto è crollato nel tempo, visitando le rovine di questi templi antichi, si ha modo di ammirare anche altre bellezze della natura, laghetti con ninfee, immense distese di prati verdi.
Non dimenticherò mai questi luoghi, tra i più belli che abbia mai potuto visitare in vita mia.
Il pullman ci ha traghettato in giro per questo fantastico paese con un gruppo di ragazzi fantastici, undici persone che in undici giorni hanno condiviso tutto senza mai abbandonare il sorriso e pensando sempre alla comprensione di ciò che avevano modo di capire e scoprire.
Lasciate le rovine della Thailandia antica ci siamo spostati verso nord, A Chang Mai, si trova in una zona collinare, e proprio su una collina sorge il tempio più importante del nord della Thailandia, il Doi Suthep, che si raggiunge tramite una spettacolare gradinata di 306 scalini, costeggiata da due enormi serpenti la cui coda segue i gradini fino alla cima ad oltre 1600 mt. La vista dalla cima del tempio è un incanto si domina la città e le vallate sottostanti, in questo tempio più che altrove, abbiamo respirato un’intensa spiritualità. C’erano numerosi fedeli inginocchiati, oltre che naturalmente tanti turisti, numerose statue di Buddha, ed un forte profumo d’incenso era diffuso ovunque nell’aria, nonostante ci fossero molte persone, regnava un silenzio che aveva del surreale. Di tanto in tanto abbiamo incontrato i monaci con la loro tunica color arancio e con loro abbiamo anche imparato a meditare.
Chang Mai è fantastica anche di notte, abbiamo attraversato il suo centro storico a piedi e anche su dei carretti in spinti da magrissimi ciclisti che a fatica ci hanno riaccompagnato in hotel, non dimenticherò mai i loro volti stremati.
Come non dimenticherò le nostre nottate a leggere e ad approfondire tematiche più o meno profonde tutti insieme, seduti intorno ad una birra e ad un divano.
A nord di questa comunità abbiamo avuto modo di fare rafting lungo un fiume su canoe in bambù, vedere un centro di recupero di elefanti, camminare fino ad un villaggio delle cosiddette donne giraffa.
E poi via con l’aereo verso il sud, il mare, le palme e paesaggi paradisiaci.
Per questo abbiamo scelto di trascorrere qualche giorno all’isola di Ko Samui, al largo della costa orientale, nel golfo di Thailandia. Samui si contende il primato con Phuket del luogo di villeggiatura più bello e popolare della Thailandia.
Al tempo stesso, quest’isola si distingue per aver mantenuto la sua naturale e intatta semplicità tropicale, con le sue spiagge di sabbia soffice, ombreggiate da alte palme, con le deliziose specialità di pesce fresco e l’esuberante vita notturna.
L’isola è caratterizzata da spiagge di finissima sabbia bianca, piccole baie deserte ed un ricco entroterra con piantagioni di cocco e foreste tropicali. Una vegetazione estremamente pittoresca e intatta che offre la possibilità di escursioni,questo è il posto giusto, un paradiso isolato dove rilassarsi al sole senza più prestare attenzione a ciò che accade nel resto del mondo.
Da Samui è facile partire per escursioni in barca verso isole più piccole e selvagge, circondate da un mare cristallino. Così anche noi abbiamo preso il motoscafo e siamo partiti per un parco naturale di Mu Ko Ang Thong, che ci ha aperto scorci unici.
Nemmeno il tempo di rendersi conto di essere partiti che il tempo di partire era già sulle nostre mani.
L’ultima notte, una fiammella accesa ha bruciato i momenti più belli del nostro viaggio, tutti intorno in cerchio ci siamo guardati negli occhi e nel buio abbiamo celebrato la fine di uno dei viaggi più belli della mia vita.
E ora mi resta una sigaretta spenta e una canzone nella testa, con la speranza in tasca di rivedere questi ragazzi il prima possibile.
Ho conosciuto compagni di viaggio stupendi, persone provenienti da paesi diversi, molto più giovani di me, ma con la testa sulle spalle che hanno arricchito il mio bagaglio di amicizie, perché alla fine le cose importanti sono quello che lasci, quello che vedi e quello che porti a casa, ecco questo viaggio credo sia stato il primo nella mia vita che ha completato in pieno queste tre cose, la prima ho avuto la fortuna di lasciare una lacrima a Chiang Mai in ricordo di una persona importantissima nella mia vita; la seconda è che ho visto un mondo nuovo fatto di povertà e ricchezza ma nonostante la miseria i sorrisi e la gentilezza delle persone non viene mai meno, un mondo completamente diverso dal nostro come se per 11 giorni fossi stato proiettato in un altro pianeta e poi riportato con i piedi per terra; e la terza è che se scrivo queste righe le scrivo proprio per loro, i miei compagni di viaggio, che mi hanno permesso di vedere e capire un mondo che senza di loro sarebbe rimasto chiuso nel cassetto della fantasia.
Ce l’ho fatta, ho riacceso quel fiammifero spento sulla tavola qualche giorno prima di partire.
Ho ritrovato una luce che avevo perso in fondo ai miei occhi, ho trasformato le cicatrici in sorrisi, il dolore in fiducia, una paura in un sogno.
Nel mio futuro porterò questo sogno rimasto tale, da ora a sempre.
Il mio viaggio in foto